Home » De Tomaso ora nelle mani dei cinesi

STORIA COMINCIATA MALE E FINITA PEGGIO. ITALIA 0- CINA 1. ITALIA, 1,04 MILIONI DI EURO VERSUS CINA, 1,05 MILIONI DI EURO. COSI’, PER “2 SPICCIOLI” IN PIU’, LA CINESE IDEAL TEAM VENTURES LIMITED, CON SEDE OPERATIVA A HONG KONG (PRODUCE AUTO IN CINA) MA LEGALE NELLE ISOLE VERGINI BRITANNICHE, SI E’ AGGIUDICATA, SENZA ALCUN PIANO INDUSTRIALE, L’ASTA GIUDIZIARIA BATTENDO L’ITALIANA EOS PORTANDOSI A CASA L’ITALIANISSIMA DE TOMASO.

La triste storia, qualcuno direbbe “all’italiana”, parrebbe ripetersi ancora una volta. Era infatti il 2009 quando il piemontese Rossignolo, ex Presidente Telecom Italia, rilevò la De Tomaso assicurando di riportarla ai fasti del passato. Peccato che, a parte la bufala della Deauville, presentata al Salone di Ginevra 2011 ma mai andata oltre la fase di concept, non fece altro se non finire sotto inchiesta per truffa aggravata ai danni dello Stato.

Solo lo scorso marzo 2015, i diritti del marchio automobilistico De Tomaso e il prototipo della Deauville erano stati acquisiti da L3 Holding, un soggetto svizzero-lussemburghese conosciuto per avere sotto controllo Lotus F1. Dopo aver battuto l’italiana Eos (2.050.000 euro contro i 900.000 di Eos), firmo’ un piano industriale che prevedeva, sfruttando le capacità “in house” nella produzione e lavorazione della fibra di carbonio, di assumere 360 persone entro il 2021 e di arrivare a una produzione annuale, a pieno regime, di 4.500 esemplari di vetture sportive a due posti. Peccato che la somma prevista non fu mai corrisposta.

Fu così che lo storico marchio è stato di nuovo messo all’asta, la cinese Ideal Team Venture ha vinto la gara per soli 10.000 euro in più (per un milione e 50 mila euro contro il milione e 40 mila euro dell’italiana Eos) buttando nello sconforto i 900 lavoratori, e non solo, che speravano di ritornare a produrre automobili nel torinese.

Giampaolo Salsi, avvocato della società cinese vincitrice, ha dichiarato che: … si ha intenzione di utilizzare il marchio De Tomaso“.

Concludiamo con l’amaro in bocca; un altro prestigioso marchio italiano, nel quasi silenzio delle istituzioni e della politica, varcherà i confini e le auto si faranno (forse) in Cina e non in Italia.