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Detroit Electric Brougham: quando l’elettrico era più forte della benzina

POTEVAMO PENSARCI PRIMA! ESATTAMENTE UN SECOLO FA LE AUTO ELETTRICHE AVEVANO UN SUCCESSO NEMMENO PARAGONABILE A QUELLO ODIERNO. LA DETROIT ELECTRIC DI DETROIT (CHE IN QUESTI MESI STA TENTANDO DI TORNARE A NUOVA VITA CON LA SP:01) DIVENNE IL PIÙ GRANDE COSTRUTTORE DI AUTO ELETTRICHE DEGLI STATI UNITI (E DEL MONDO INTERO). IN QUEST’EPOCA PRODUCEVA MIGLIAIA DI ESEMPLARI, ACCLAMATI PER LA PRATICITÀ, L’AFFIDABILITÀ E L’OTTIMA AUTONOMIA.

È davvero inusuale che una tecnologia che oggi fatica così tanto a imporsi tra i consumatori abituali, cento anni fa, e con ben altre tecnologie a disposizione, fosse il business del momento.

Era un’epoca in cui il mondo girava al contrario: le auto elettriche affollavano le strade e quelle a benzina rimanevano un prodotto d’elite, un vezzo per pochi.

Peggio: c’era chi ipotizzava che le vetture con motore a combustione fossero quasi allo stadio dell’obsolescenza e presto sarebbero state soppiantate.

Di più: in Australia, dopo la prima Guerra Mondiale il prezzo del petrolio assunse livelli insostenibili per la popolazione. A Sidney si corse ai ripari: il Comune fece installare in Palmer Street una stazione di ricarica dove, pagando un ragionevole prezzo, si potevano ricaricare le batterie dell’auto.

LE AUTO ELETTRICHE ERANO GIA’ NATE DA TEMPO

Nel 1886 Benz costruì il triciclo a motore. Ma già nel 1891, in America, si producevano i primi veicoli alimentati a batteria. William C. Anderson fondò la Anderson Carriage Co nel 1884 a Port Huron, la stessa città di Thomas Edison. Produceva carrozze di varie misure. Notando che la maggior parte di esse prendeva la via di Detroit, una sessantina di miglia più a sud, decise di spostarsi qui nel 1895, per meglio seguire, e incrementare, il business.

A Detroit intraprese anche la produzione di carrozzerie per le prime automobili ma presto iniziò a coltivare l’idea di diventare egli stesso un costruttore. Il suo Direttore Tecnico, George M. Bacon, incaricato di trovare un fornitore per i motori, si rivolse alla branch americana della britannica Elwell-Parker, specializzata nella produzione di propulsori elettrici. Anderson aveva tutto per iniziare una nuova avventura.

Come chiamare la nuova auto? Anderson fu subito scartato, essendo un cognome molto diffuso negli Stati Uniti. Fu allora scelto Detroit Electric. Era il 1906. La prima “automobilina” elettrica della Anderson divenne realtà un anno dopo, giugno 1907, e si impose immediatamente tra i clienti. Al punto che nei sei mesi successivi ne vennero costruiti 125 esemplari. Le Detroit Electric divennero un successo (A Victoria, B Victoria, C Coupé 2 posti e Brougham 4 posti).

VERSATILE E PRATICA

Rispetto alle auto a benzina le Detroit Electric erano più facili da guidare, più progressive nell’erogazione e, soprattutto, di più facile manutenzione. Equipaggiate, inizialmente, con un pacco di sei batterie Edison da 14 Volt (collegate in serie o in parallelo, con cinque rapporti e una punta massima velocistica di 20 miglia orarie), erano scelte soprattutto dal pubblico femminile: perché non si dovevano mettere in moto sciupandosi i vestiti con quel violento giro di manovella e perché erano ideali per lo shopping e la gestione dei rapporti sociali in città.

Considerazioni che conquistarono anche alcune clienti vip, un volano straordinario dal punto di vista commerciale. Tra esse le mogli di Thomas Edison, Henry Ford e John D. Rockefeller.

400 esemplari prodotti nel 1908, 650 nel 1909 e 1.500 nel 1910: un successo straordinario e senza sosta. L’anno successivo, molte novità volte al consolidamento: nuova designazione dei modelli (con numeri invece che lettere), introduzione in gamma dei veicoli commerciali e creazione di un listino con ben 23 modelli. E con l’introduzione di una nuova trasmissione senza catena, Anderson dichiarò ufficialmente che con una ricarica si potessero percorrere 80 miglia (quasi 129 chilometri). Un dato che si rivelò oltremodo prudenziale: l’anno dopo, infatti, un test di durata condotto su un modello speciale produsse un risultato clamoroso: 354 km percorsi con una sola carica.

Nel 1913 le Detroit Electric varcarono il confine dell’Atlantico per essere costruite anche in Scozia su licenza. L’anno dopo, il record di produzione: 4.500 Detroit Electric prodotte. Un risultato destinato a non ripetersi a causa dello scoppio della Grande Guerra, che produsse un forte calo di vendite (poco più di 1.600 esemplari nel 1916; all’epoca i dipendenti erano oltre 1.500).

Ciononostante la Anderson era ormai accreditata come il più grande produttore di veicoli elettrici di sempre. Iniziò allora, per il business sull’elettrico, un lento declino. La Detroit Electric spostò l‘attenzione sulla produzione di carrozzerie, cessando definitivamente (forse) nel 1926, la produzione di veicoli elettrici.

L’azienda continuò l’attività ancora per alcuni anni fino alla chiusura definitiva, avvenuta nel 1939. Fu, insomma, una fantastica avventura, che durò quasi 50 anni e che dimostra la longevità di quest’idea in un’epoca in cui ancora non vigeva la preoccupazione di inventarsi qualcosa di nuovo rispetto alla benzina.

ARCHEOLOGIA DELLA PROPULSIONE ELETTRICA

Oggi, secondo una statistica, nel mondo sopravvivono circa un centinaio di Detroit Electric. L’esemplare di queste pagine reca il numero di telaio 5498. Si tratta di una Brougham con quattro posti, prodotta probabilmente nel 1916 ed motorizzata con un’unità elettrica da 84 Volt per 4,3 cavalli motore.

Un modello stilisticamente fuori dal tempo, senza dubbio, ma quanto mai attuale dal punto di vista tecnico ingegneristico. E come non vedere in lei un grande esempio di razionalità rispetto alla civiltà del marketing in cui ci tocca vivere?