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Bugatti TypeZero Concept by Marc Devauze

SICURO SICURO? IL DESIGNER CHIAMA IN CAUSA LA BUGATTI TYPE 35. SECONDO NOI E’ L’EREDE DELLA BUGATTI TYPE 251 MONOPOSTO. E VE LA RACCONTIAMO

Il designer Marc Devauze ha progettato la Bugatti TypeZero Concept, un’avveniristica monoposto da corsa equipaggiata con 4 motori elettrici (uno per ruota) alimentati da batterie al litio.

Devause ha tratto ispirazione dalle origini del marchio di Molsheim quando era noto nel mondo automobilistico soprattutto per il dominio nelle corse.

In particolare, afferma di essersi ispirato alla Bugatti Type 35, una delle automobili più vittoriose di tutti i tempi.

Ci sentiamo invece di poter accostare questo interessante prototipo a un’altra auto da corsa, la poco nota Type 251 monoposto del 1956.

BUGATTI TIPO 251
Nel 1956, la Bugatti decise di ritentare la fortuna in Formula 1. Questa decisione venne salutata con entusiasmo dalla stampa, anche se non mancava un certo scetticismo.

Roland Bugatti, l’ultimo figlio maschio di Ettore, era riuscito nell’intento di convincere l’allora direttore tecnico della Casa, Pierre Marco. Ma questi non era convinto della buona riuscita dell’impresa. Ciò per la mancanza di mezzi finanziari ma, soprattutto, del giusto carisma da parte di Roland (ben diverso dalle qualità di Ettore, prima, e di Jean, dopo) che desse all’azienda la giusta spinta entusiastica.

Al momento di lanciare l’operazione, nel 1953, Marco, si era rivolto a Gioacchino Colombo (creatore dell’Alfa Romeo 158 e del primo V12 per Ferrari). La presenza di un collaboratore del genere costituiva un ottimo punto di partenza; tuttavia l’ingerenza di Roland nella progettazione di una nuova vettura causò non pochi problemi: egli, volendosi ritagliare un ruolo di assoluto rilievo all’interno dello staff tecnico, invece di accontentarsi di un ruolo simbolico, impose scelte tecniche improntate alla tradizione del marchio Bugatti, ma considerate assolutamente obsolete.

Sicché a Colombo venne imposto di progettare la vettura utilizzando una sospensione anteriore a ponte rigido, soluzione considerata già superata negli Anni 30 e che lo stesso Jean aveva inutilmente cercato di far abbandonare al padre Ettore.
La struttura meccanica consisteva in un telaio tubolare con motore disposto in posizione posteriore-centrale, soluzione che traeva ispirazione dalle Auto Union di Ferdinand Porsche e dalla Cisitalia da G.P. progettata da Carlo Abarth.

La 251, tuttavia, differiva dalle due vetture per la disposizione trasversale del propulsore. In tal modo il passo risultava accorciato a soli 2.200 mm.; esso, abbinato alla notevole larghezza del telaio, conferiva un’aspetto piuttosto goffo, senza che ciò, tra l’altro, desse vantaggi tecnici o dinamici particolari.

Il motore era un 8 cilindri in linea con distribuzione bialbero, ottenuto dall’accoppiamento di due propulsori a 4 cilindri. La presa di forza era centrale. Molto ingegnosamente, i tubi inferiori del telaio venivano utilizzati come parte del circuito di raffreddamento del motore (dal radiatore anteriore al propulsore).

L’impianto frenante era provvisto dei tamburi della Tipo 57, in luogo dei dischi utilizzati inizialmente. I primi test dell’auto cominciarono nel autunno del 1955 con risultati disastrosi: la Type 251, molto pesante risultava molto complicata da gestire per il passo troppo corto e l’antiquata geometria delle sospensioni.

Il motore, da parte sua, non riusciva a prendere i 9.000 giri necessari per erogare i 285 cavalli sufficienti per gareggiare alla pari con le avversarie: erogava appena 235 Cv a 7500 giri.

Per cercare di risolvere la situazione, venne realizzato un secondo prototipo con carrozzeria più affusolata, passo allungato di 10 cm. e un’unica balestra trasversale anteriore per rimpiazzare le molle elicoidali.

Il 1 luglio 1956, le due Bugatti Type 251 si presentarono al G.P. di Reims; Maurice Trintignant riuscì a qualificarsi 16° (su 18 partenti) a bordo del primo prototipo. Dopo 18 giri trascorsi a dominare quella difficile vettura fu costretto al ritiro per grippaggio dell’acceleratore.

Da allora le vetture non riapparvero più in alcuna competizione; tornarono a Molsheim segnando la fine della produzione Bugatti. Entrambe sono oggi esposte presso la Collezione Schlumpf: la vettura a passo corto è completa; dell’altra si è conservato solo il telaio.