Cunningham C3 Coupé Vignale: serviva un’auto stradale…

CUORE AMERICANO, STILE ITALIANO. INSIEME A CARROLL SHELBY (COBRA) E JIM HALL (CHAPARRAL) BRIGGS CUNNINGHAM E’ UN ALTRO ESPONENTE DI QUELLA TRADIZIONE MOTORISTICA SPORTIVA AMERICANA CHE TANTO FILO DA TORCERE HA DATO AI MARCHI EUROPEI. ALL’INIZIO DEGLI ANNI 50 CUNNINGHAM, PER CORRERE NEL CAMPIONATO MONDIALE MARCHE, DEVE COSTRUIRE UNA PICCOLA SERIE: NASCE LA C3, SUPERBAMENTE INTERPRETATA DALLA CARROZZERIA VIGNALE DI TORINO.

Briggs Cunningham entrò nell’universo motoristico sportivo relativamente tardi (nato nel 1907 da una facoltosa famiglia di banchieri, si affacciò al settore solo a 41 anni probabilmente a causa della forte contrarietà dei famigliari) ma da subito si impose come uno dei simboli dell’automobilismo sportivo americano.

Il suo interesse andò a focalizzarsi sulle gare di durata, in particolare la 24 Ore di Le Mans. Non avrebbe voluto “solo” vincere la più prestigiosa 24 Ore del mondo, ma soprattutto, essere il primo con un team tutto americano. I tentativi da parte dei marchi d’Oltreoceano di imporsi in Europa erano stati sporadici. A Le Mans ancora meno: si ricordano, a tal proposito, solo Duesemberg e le Miller negli Anni 20. Nel 1950 c’aveva nuovamente tentato la Cadillac con due vetture. All’impresa molto contribuì l’intraprendenza di Briggs Cunningham. Finirono 10ma e 11esima assolute, abbastanza per assicurare al nuovo talento motoristico americano la possibilità di partecipare all’edizione successiva del ’51.

NASCE B.S. CUNNINGHAM Co

Nell’inverno 1950 – 51 Cunningham divenne ufficialmente costruttore. La sua prima vettura, la Cunningham C1, montava un motore Cadillac, subito abbandonato per la totale mancanza di supporto da parte della casa madre.

Cunningham trovò un nuovo partner nella Chrysler, che fornì i motori HEMI strumentali a un nuovo modello, la C2-R, il modello per la 24 Ore di Le Mans del ’51.

LA CUNNINGHAM C3

Per ottenere la possibilità di partecipare alle competizioni internazionali Cunningham ebbe l’obbligo di omologare almeno 25 esemplari di un modello stradale (o, almeno, manifestarne l’intenzione). Con queste premesse fu sviluppata la versione stradale della C2 da corsa, denominata Cunningham C3.

Nata su un robusto telaio tubolare, era equipaggiata con un motore Chrysler HEMI V8 da 331 pollici cubici, corrispondenti a 5,4 litri di cilindrata. Respirando attraverso quattro carburatori Zenith, la C3 forniva una potenza grandiosa: 310 Cv a 5.200 giri (su 3.500 libbre di peso, pari a 1.587 kg).

Dopo i primi due esemplari interamente sviluppati e costruiti nel quartier generale Cunningham di West Palm Beach, Cunningham decise di affidarsi all’impareggiabile maestria italiana per vestire le sue potenti meccaniche.

I telai, completi di motori, furono quindi spediti a Torino per essere carrozzati da Vignale. La carrozzeria era stata disegnata da Giovanni Michelotti, autore dello stile della gran parte delle carrozzerie del sarto automobilistico torinese. La Cunningham C3 aveva uno stile molto particolare, completamente differente dalle gigantesche auto americane.

IL TELAIO 5210

La Cunningham C3 s/n 5210 di questo articolo, una delle 25 costruite, andrà all’asta da Gooding & Co a Scottsdale, Arizona, a metà mese secondo una quotazione di 450 – 550.000 dollari.

La meccanica fu spedita alla Vignale il 10 aprile del ’52 e ritornò finita a New York il 7 settembre verniciata in tinta bicolore grigio metallizzato e azzurro.

L’esemplare rimase alla Cunningham come auto dimostrativa, andando a illustrare l’attività del brand su numerose riviste dell’epoca dove ne fu pubblicato un test su strada (Mechanix Illustrated, The Modern Sports Car, The Auto Age).

Nel ‘53 fu venduta a un certo Edmond DuPont del Delaware, che la tenne per 7 anni. Nel ’62 finì da George Sterner in Pennsylvania, quindi a New York, poi nell’Illinois. Nella metà degli Anni 70 entrò in possesso di A. Vail Frost che la conservò per lungo tempo prima di iniziare, nel 2002 un completo restauro, durato 2 anni.

Nel 2007, infine, è stata ceduta a un noto giudice del Concorso di Pebble Beach che nel 2009 l’ha sottoposta a un nuovo restauro dal punto di vista meccanico (trasmissione e freni soprattutto).

Images copyright and courtesy of Gooding & Company. Photos by Mathieu Heurtault