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Fiat 806 12 cilindri: la prima vera monoposto FIAT, l’auto che sancì il ritiro dalle corse Gran Prix

STELLA COMETA. A META’ DEGLI ANNI 20 IL SENATORE AGNELLI, FRUSTRATO PER LA PERDITA DI VALIDI PILOTI E PER LE DIMISSIONI DEI SUOI TECNICI PIU’ VALIDI, STRAPPATI DALLA CONCORRENZA, DECIDE DI RITIRARE LA FIAT DAI GRAN PREMI. MA L’AVER LASCIATO CAMPO LIBERO ALLE ALFA ROMEO LO CONVINCE A RITENTARE. PER LA STAGIONE DI CORSE 1927 NASCE LA FIAT 806, LA PRIMA VERA MONOPOSTO, MOSSA DA UN 12 CILINDRI A “U”. MOLTO POTENTE MA POCO AFFIDABILE. PIETRO BORDINO VINCE IL GRAN PREMIO DI MONZA, L’IMPRESA PERFETTA PER INCORAGGIARE LE COMPETIZIONI. MA AGNELLI HA GIA’ DECISO: L’AZIENDA SI RITIRA DALLE CORSE, LA 806 FINISCE NELLA PRESSA.

La fine della prima Guerra Mondiale aveva lasciato l’Europa distrutta e sgomenta. Come reazione a quell’immane tragedia si diffuse una nuova forza vitale nella popolazione, un sentimento di rinascita e di slancio verso la vita, verso la ripresa e lo sviluppo di tutte le attività.

Questo atteggiamento positivo pervase, naturalmente, anche il settore automobilistico. Nel 1919 ripresero le competizioni: nacquero il Gran Premio d’Italia, il GP di Francia, la 500 Miglia di Indianapolis (1921), la 24 Ore di Le Mans (1923) oltre a riprendere le competizioni già nate all’inizio del Secolo (come la Aosta Gran San Bernardo).

In Italia i marchi più attivi del periodo erano Lancia, Diatto, Ansaldo, Fiat, OM, Scat, Alfa Romeo e molte altre. In questo clima di grande fermento la creatività ingegneristica poteva esprimersi al meglio: nel 1923 era nata l’Alfa Romeo RL con un nuovo motore 6 cilindri in linea di 3 litri con valvole in testa, la Lancia aveva fatto debuttare la Lambda con carrozzeria portante e nuovo motore a V stretta, l’Isotta Fraschini aveva creato il grande motore tipo 8 da 6 litri (poi cresciuto a oltre 7 litri). E poi ancora le Bianchi con valvole in testa e le Chiribiri con doppio albero.

Nondimeno bisognava considerare la concorrenza proveniente dall’estero: le fortissime Bugatti prodotte dall’emigrante Ettore, le Delage, le Bentley, le Mercedes, le Talbot e le Delahaye.

LA FIAT

La casa fondata da un gruppo di nobili, industriali e grandi possidenti nel 1899, dagli inizi del secolo fino alla fine degli Anni 20 giocò il ruolo di uno dei marchi più forti nelle gare da Gran Premio (l’odierna F1). Ma anche nella categoria turismo l’azienda, con la 509, forniva un prodotto molto competitivo nella categoria “Turismo”.

Il talento della casa torinese non si misurava solo in termini di validi piloti ma anche di talentuosi progettisti. Ne fu un caso il grande Vittorio Jano, strappato alla FIAT dall’Alfa Romeo e artefice delle più straordinarie Alfa da corsa degli Anni 20 e 30. Uno dei migliori contributi di FIAT alla tecnica di quegli anni fu, ad esempio, il ritorno alla distribuzione con 2 valvole per cilindro per creare motori affidabili. Era, infatti, l’epoca dell’introduzione della sovralimentazione e, d’altro canto, la tecnica aveva già scoperto la distribuzione bialbero con 4 valvole per cilindro. Questa filosofia introdotta dalla FIAT si rivelò determinante visto il gran numero di concorrenti che, letteralmente, copiarono questa soluzione.

TROPPI LUTTI, TROPPE DIMISSIONI

Il Senatore Gianni Agnelli, che dalla seconda metà degli Anni 10 aveva acquisito quasi integralmente la proprietà della FIAT, aveva raccolto grandi soddisfazioni in gara: vittoria al Gran Premio di Monza del ’22 (quattro FIAT 803 ai primi 4 posti), la Mefistofele da record del 1923, la vittoria al GP d’Italia a Monza a bordo di una Fiat 805 grazie a Carlo Salamano, la vittoria di Felice Nazzaro al GP di Francia del ’22 con la Fiat 804.

Ma, nello stesso tempo, si erano prodotti numerosi eventi negativi negativi: la perdita di numerosi piloti (Evasio Lampiano, Biagio Nazzaro, Enrico Giaccone, Ugo Sivocci e Onesimo Marchisi) e le dimissioni di validi tecnici (Vincenzo Bertarione alla Sunbeam, Walter Becchia alla Talbot, Luigi Bazzi e, poco dopo,lo stesso Jano all’Alfa Romeo); per quest’ultimi, in particolare, la FIAT aveva investito molte risorse finanziarie.

Nella metà degli Anni 20 Agnelli cominciò a maturare l’idea di abbandonare le competizioni. Il colpo di grazia, si dice, avvenne al Gran Premio di Francia del 1924, dove le FIAT 805 (ben 4 esemplari affidati a Nazzaro, Marchisio, Pietro Bordino e Cesare Pastore) furono battute dalle Alfa Romeo P2 progettate da Vittorio Jano.

LA FIAT 806

Deluso, frustrato e “tradito”, Gianni Agnelli decise il ritiro delle sue auto dalle competizioni. Fu una mossa avventata perché non fece altro che lasciare campo aperto alle Alfa Romeo. Lo sviluppo di una nuova vettura, erede della 805 2 litri, affidato a Tranquillo Zerbi e Alberto Massimino, già iniziato, fu dunque bloccato. Ma la lungimiranza del Direttore Generale Guido Fornaca, riuscì ad avere la meglio sull’orgoglio del Senatore e i due progettisti ripresero lo studio.

La nuova vettura da corsa per i gran premi sarebbe stata schierata nella stagione di corse 1927. Si caratterizzò, sostanzialmente, per il debutto di due interessanti novità tecniche:

Prima vettura monoposto FIAT (in quell’epoca le auto erano sempre prodotte come biposto, salvo poi essere utilizzate nei gran premi come monoposto
– Debutto di un nuovo motore che rispettasse la nuova regolamentazione: 1.500 cc con sovralimentazione
– Costruzione di un nuovo telaio in cui il motore non era appoggiato sui due longheroni principali longitudinali ma posizionato tra questi due, soluzione con consentiva un notevole abbassamento del baricentro.

Il motore, il tipo 406, era un innovativo 12 cilindri con compressore Roots, ottenuto accoppiando a “U” due motori 6 cilindri in linea per un totale di 1.500 cc. Aveva la distribuzione a due alberi a camme con tre valvole per cilindro, FIAT dichiarava una potenza massima di 187 cavalli ed era accoppiato a un cambio a 4 marce. La struttura meccanica comprendeva anche sospensioni posteriori ad assale rigido e freni a tamburo.

PRIMA VITTORIA, RITIRO DEFINITIVO

A causa di una messa a punto incompleta (vettura molto veloce ma poco affidabile) la FIAT decise la partecipazione al Gran Premio di Milano (50 chilometri) in luogo del più lungo e difficile Gran Premio d’Europa (500 km). Entrambi si svolsero il 4 settembre 1927 sul circuito di Monza in condizioni atmosferiche e di morale della squadra tutt’altro che rincuoranti.

Ma nonostante il valore delle forze in campo (tra cui le fortissime Alfa Romeo P2 e le Bugatti 35) la FIAT 806 di Pietro Bordino vinse tutte le fasi eliminatorie e assicurandosi la partenza in prima posizione nell’ultima. Campari (Alfa P2) e Maggi (Bugatti 35), furono sonoramente sconfitti.

La prova di forza della Fiat 806 aveva sollevato il morale in modo grandioso e inaspettato in vista della stagione di corse del 1928. Ma Gianni Agnelli fu irremovibile: annunciò un nuovo ritiro e lo rese esecutivo senza nessuna possibilità di cambiare programma. L’unica Fiat 806 esistente e i 4 motori 12 cilindri costruiti furono smantellati: alcune parti recuperate, altre definitivamente distrutte nella pressa.