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Abbassi il volume quando parcheggi? Sei più intelligente di chi non lo fa: lo spiega lo studio medico | Basta prese in giro

regolare volume auto - 0-100.it
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Se anche tu abbassi il volume quando stai parcheggiando vuol dire che sei molto più intelligente di chi non lo fa, lo spiega lo studio.

In molti, mentre si apprestano a parcheggiare l’auto, compiono un gesto quasi istintivo: abbassare il volume della radio o della musica. C’è chi lo fa per evitare di disturbare i vicini, chi per concentrarsi meglio sulla manovra, chi semplicemente per seguire una consuetudine consolidata.

Ma c’è qualcosa di più profondo dietro questo comportamento? Pensi che abbassare il volume della radio durante la fase di parcheggio sia solo un’abitudine strana o forse una superstizione irrazionale? In molti scherzano sul fatto che abbassare il volume mentre si parcheggia sia da stupidi.

Bene, potresti sorprenderti nel scoprire che la tua mente potrebbe essere più sveglia di quanto pensi. Uno studio recente ha rivelato che coloro che abbassano il volume durante il parcheggio potrebbero essere in realtà più intelligenti di quanto immaginino.

Molte persone fanno questo gesto apparentemente banale senza pensarci due volte. Tuttavia, uno studio ha suggerito che questa azione potrebbe essere indicativa di una mente più acuta. Ma perché dovrebbe esserci una correlazione tra abbassare il volume della radio e l’intelligenza?

Gestione dell’attenzione durante la guida: Il ruolo della musica

Durante la guida, ci troviamo spesso a bilanciare molteplici attività, tra cui mantenere la concentrazione sulla strada e gestire le informazioni provenienti dall’ambiente circostante. Curiosamente, l’ascolto di musica ad alto volume potrebbe non sembrare influenzare direttamente le nostre capacità visive e di guida, poiché molte di queste operazioni non dipendono strettamente dall’udito. Tuttavia, molti automobilisti abbassano spontaneamente il volume della radio in situazioni che richiedono una maggiore attenzione, come per esempio le manovre di parcheggio o la ricerca stessa del parcheggio oppure di indicazioni stradali sconosciute.

Questo comportamento solleva interrogativi su quali automatismi mentali guidino tale reazione. La risposta apparentemente semplice di eliminare le distrazioni durante la guida non racconta l’intera storia. Il cervello umano, nonostante la sua complessità, mostra una capacità limitata nel gestire più compiti contemporaneamente. Quando le situazioni richiedono un’intensa attenzione e concentrazione, le risorse cognitive diventano limitate. In altre parole, il cervello seleziona un compito principale su cui concentrarsi, mentre altri compiti diventano secondari. Questo principio, illustrato dagli esperti di scienze cognitive, suggerisce che il cervello umano eccelle nella gestione di due compiti simultanei ma mostra difficoltà quando ne viene richiesto un terzo o un quarto.

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I test di Simons e Chabris

La nostra capacità limitata di elaborare informazioni, ampiamente studiata e dibattuta, viene evidenziato in modo chiaro e penetrante nell’articolo di Philip Smith e Simon Lilburn, professori e ricercatori di Psicologia presso l’Università di Melbourne, pubblicato su The Conversation. Smith e Lilburn richiamano l’attenzione su un fondamentale esperimento condotto nel 1959 dal fisiologo Neville Moray. Moray osservò che le persone, anche mentre si concentravano su un discorso, erano in grado di riconoscere il proprio nome pronunciato in un’altra conversazione contemporanea.

Questo fenomeno, inizialmente sorprendente, contribuì a comprendere che il cervello umano ha una capacità limitata di gestire informazioni e attività simultanee. Sebbene siamo capaci di percepire e attribuire significato a molteplici stimoli sensoriali, il nostro cervello può efficacemente gestire solo un numero limitato di compiti contemporaneamente. Questa limitazione, evidenziata dall’esperimento di Moray, ha implicazioni significative sulla nostra capacità di concentrazione e multitasking.

Per esplorare più approfonditamente il funzionamento della nostra mente e la sua capacità di selezionare attentamente le informazioni, è utile esaminare due famosi test ideati dagli psicologi delle scienze cognitive Daniel Simons e Christopher Chabris alla fine degli anni Novanta. Questi test, facilmente accessibili su piattaforme come YouTube, si concentrano sulla misurazione dell’attenzione selettiva, la capacità di focalizzarsi su un obiettivo specifico e ignorare le distrazioni. In entrambi i test, i partecipanti sono incaricati di contare quante volte i giocatori con la maglietta bianca si passano la palla da basket.

Tuttavia, ciò che rende questi test intriganti è la presenza di una distrazione: un gorilla che entra nell’inquadratura, si batte il petto e poi esce di scena. Sorprendentemente, circa la metà dei partecipanti che non aveva mai visto un video del genere non si accorge del gorilla, poiché il loro cervello è concentrato esclusivamente sul conteggio dei passaggi. Nel secondo test, la complessità aumenta poiché i partecipanti devono ora mantenere l’attenzione su due compiti: contare i passaggi di palla e individuare il gorilla. Nonostante una maggiore consapevolezza della possibile comparsa del gorilla, solo una minoranza riesce a notare altre distrazioni nell’ambiente circostante, come la giocatrice che esce dall’inquadratura o il cambio di colore delle tende sullo sfondo. Questo fenomeno evidenzia la sfida di gestire più attività contemporaneamente e suggerisce che anche la consapevolezza di un evento imprevisto non garantisce la capacità di rilevare altre sorprese.